martedì 10 febbraio 2009

Silenzio rotto

Mi stavo imponendo di non parlare della vicenda di Eluana, che è stata tanto stravolta e strumentalizzata... ma di fronte a certe parole non ci ho visto più: dopo aver visto che la risposta che stavo scrivendo superava i limiti di lunghezza dei commenti di Facebook ho deciso che tanto valeva dire le cose bene e a tutti.

Innanzitutto ricordiamoci un attimo che questi temi non sono una novità. Testamento biologico e accanimento terapeutico sono espressioni che esistono da decenni, tanto che di fatto (leggete gli articoli collegati) esiste una convenzione internazionale della quale l'Italia dovrebbe far parte, ma che di fatto, per classica inefficienza dei nostri governi o per oscure ragioni a me ignote, non ha la nostra partecipazione ufficiale.

Trascurando la facile e oramai scontata polemica politica sulle manipolazioni di Silvio, per le quali vi rimando al blog di Corrias, Gomez e Travaglio, il semplice principio che nemmeno la Chiesa dovrebbe confondere è che non si può intervenire con la forza nella vita di una persona. Quello che è stato fatto a Eluana è di fatto una violenza; la violenza di forzarle un sondino nel naso e di mantenere il suo corpo vivo, lasciandolo degradare e avvizzirsi lentamente, mentre il cervello rimaneva spento e inconsapevole.

Cosa rende speciale questo caso? Nulla, scientificamente parlando. La bizzarria del caso Englaro sta tutta nell'assurdo gioco di rimpalli fatto dalle istituzioni, causato in fondo dalla paura dei nostri politici di apparire al pubblico con le mani sporche. Come se ora fossero pulite. Il terrore loro caratteristico li ha paralizzati quando avrebbero potuto produrre una legislazione, e li ha fatti inviperire, come uno che s'impigrisce e poi s'imbestialisce quando gli altri fanno le cose al suo posto, nel momento in cui la Cassazione ha dovuto prendere in mano la situazione.

Del resto, tra l'altro, l'assenza di una legislazione al riguardo non è stato motivo di eccessive difficoltà, in quanto la Costituzione stessa, già nella sua forma originale, recita:

Art. 32

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Le cure sono un diritto, ma non un dovere. La legge può imporre un trattamento? Certo, ma solo nei limiti fumosi e astratti del "rispetto della persona umana". Senonché nel caso tanto acclamato in questi giorni la legge non prevede proprio nulla.

A questo punto in base a quale aberrazione del sistema il governo può permettersi di diffidare le cliniche che accettano di interrompere l'alimentazione? Come si può ancor peggio accettare che di nuovo il governo, dopo aver ricevuto il diniego della Cassazione, della Corte costituzionale, del TAR lombardo, cerchi di emanare un decreto allo scopo di fermare una procedura oramai approvata come legale?

Qui le questioni diventano all'improvviso due.

Da una parte, una fetta dell'opinione pubblica, una frazione del clero e qualche politicante smaliziato decidono all'improvviso che la volontà di una famiglia non ha nessun valore, perché non si può mai sapere, magari Eluana ha pure cambiato idea, chi lo sa? Ma come, i giudici non avevano proprio detto che Beppino poteva decidere e che era suo (loro) diritto che l'interruzione dell'alimentazione venisse attuata? Evidentemente no, il Papa di medicina ne sa di più e cita i miracoli di Gesù. Eppure il libero arbitrio sembra così importante nella dottrina: decide il singolo cosa fare della sua vita, la Chiesa può solo suggerire, magari consigliare vivamente minacciando l'Inferno, ma l'ultima parola spetta sempre al singolo. Il fatto che questo singolo non possa più parlare non gli toglie il diritto di determinare la propria vita (o, in questo caso, la propria morte).

L'altro lato della faccenda è la natura malsana del procedimento attuato dal governo, al solito in rotta con la normale divisione dei poteri. Tutti gli organi distinti da Parlamento e Governo hanno chiaramente espresso il loro favore all'interruzione dell'alimentazione: Corte Costituzionale, Corte di Cassazione, Presidente della Repubblica, Tribunale Amministrativo Regionale, persino la Corte europea per i diritti dell'uomo (quest'ultima in modo indiretto). Ma questo ovviamente non basta, perché il governo eletto dal popolo ha sempre ragione, allora si passa alla diffida con una circolare priva di valore legale e al più di carattere minatorio. Dato che gli avvocati confermano l'insensatezza della manovra, si passa al decreto.

Il decreto è materia scottante da un po' di tempo a questa parte, soprattutto dall'inizio della mania berlusconiana di usare decreti legge come via semplificata per l'approvazione in Parlamento. La costituzione è al riguardo troppo vaga:
Art. 77

Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.

Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.

I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.
La bicamerale, in un momento che non riesco a precisarvi, ha cercato a suo tempo di correggere l'articolo 77 limitandolo a casi specifici (calamità, sicurezza nazionale, provvedimenti finanziari urgenti), fallendo ovviamente nel tentativo. Ci si domanda quindi quale necessità e urgenza possano giustificare una manovra straordinaria, soprattutto quando, come sottolineato da Napolitano, il Parlamento stesso sta discutendo della faccenda ed è ben lontano dall'aver trovato una linea comune?

Quando però il Presidente della Repubblica si oppone sul serio e non firma il decreto parte la politica "no! io voglio COSÌ!". Proprio quando le istituzioni dimostrano di esistere per un preciso scopo di controllo (evitare che uno scalmanato che va in giro dicendo che Eluana può anche avere figli si metta a bloccare azioni già approvate da vari organi dello Stato), Silvio non può fare altro che alzare la voce e affermare che costi quel che costi riuscirà a fermare la barbarie. Fa preparare un disegno di legge in tre giorni, tempo durante il quale i preparatissimi e competenti collaboratori di Berlusconi sono certamente in grado di creare un documento organico e completo per la gioia dei giuristi di tutta Italia. Tanto valeva scriverci "Eluana Englaro, codice fiscale XXXX, di seguito denominata paziente, deve restare sotto alimentazione artificiale fino a morte sopravvenuta del paziente o eventuale risveglio del medesimo".

Eluana Englaro è morta. Pace all'anima sua. I capricci di Silvio adesso andranno avanti per un po', continuerà a piagnucolare sulle istituzioni, sul presidente che è più grosso e forte di lui, che tutti gli sono contro etc. etc. etc. Inizio già a contare i giorni fino a quando la questione sarà dimenticata e resteremo di nuovo senza una legislazione decente sui testamenti biologici.

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